lunedì 12 settembre 2011

Russians

 

Nel 1985 si potevano intravedere i primi segni dello scricchiolio dell’impero sovietico: l’URSS, dopo gli anni granitici di Kruscev e Breznev era passata per oscuri notabili di partito, Yuri Andropov e Konstantin Chernenko, morti dopo poco tempo di presidenza. Nell’aria c’erano segni di rinnovamento, i primi segni delle riforme che sarebbero arrivati con Mikhail Gorbaciov e la sua perestroika prima e con il decisionismo di Boris Eltsin che avrebbe posto fine all’Unione nel 1991.

E questi segnali colse Sting, fuoruscito dai Police e autore del suo primo album solista, in uno dei pezzi più belli di The Dream of the Blue Turtles, disco dai toni jazz: Russians, uscita come singolo il 1° novembre 1985, parla di Guerra Fredda e della necessità di finirla una buona volta, abbandonandosi all’amore per i propri figli, assicurando loro un futuro migliore.

Il brano, basato per quanto riguarda la musica su una variazione del  Lieutenant Kije Suite, Op. 60 di Sergej Prokofiev, ebbe un successo straordinario in Francia, dove raggiunse il 2° posto delle classifiche, un po’ meno nel resto del mondo: 8° in Olanda, 16° negli USA, 12° nel Regno Unito. Notevole invece il video, in un rigoroso bianco e nero.

 

 

RUSSIANS

In Europe and America, there's a growing feeling of hysteria
Conditioned to respond to all the threats
In the rhetorical speeches of the Soviets
Mr Krushchev said we will bury you
I don't subscribe to this point of view
It would be such an ignorant thing to do
If the Russian love their children too
How can I save my little boy from Oppenheimer's deadly toy
There is no monopoly of common sense
On either side of the political fence
We share the same biology
Regardless of ideology
Believe me when I say to you
I hope the Russians love their children too
There is no historical precedent
To put the words in the mouth of the president
There's no such thing as a winnable war
It's a lie we don't believe anymore
Mr Reagan says we will protect you
I don't subscribe to this point of view
Believe me when I say to you
I hope the Russians love their children too
We share the same biology
Regardless of ideology
What might save us me and you
Is that the Russians love their children too

 

In Europa e in America, c'è un crescente senso d'isteria
Condizionato in risposta alle minacce
Dei retorici discorsi dei Sovietici
Il sig. Kruscev ha detto “Vi seppelliremo”
Io non sottoscrivo questo punto di vista
Sarebbe una cosa ignorante da fare
Se anche i Russi amano i loro bambini
Come posso salvare il mio ragazzo dal giocattolo di morte di Oppenheimer?
Non c'è monopolio nel senso comune
Da ogni lato dello schieramento politico
Condividiamo la stessa biologia
A dispetto dell'ideologia
Credimi quando te lo dico
Spero che anche i Russi amino i loro bambini
Non c'è precedente storico
Per mettere le parole in bocca al Presidente
Non c'è nessuna guerra da vincere
È una bugia in cui non ci crediamo più
Il sig. Reagan dice “Noi ti proteggeremo”
Non sottoscrivo questo punto di vista
Credimi quando te lo dico
Spero che anche i Russi amino i loro bambini
Condividiamo la stessa biologia
A dispetto dell'ideologia
La cosa che può salvare noi, me e te
È che anche i Russi amino i loro bambini

lunedì 5 settembre 2011

Vito Catozzo

 

Nella “fauna” di Drive in, la trasmissione cult degli Anni ‘80 c’era una guardia giurata molto particolare, Vito Catozzo, uno dei più riusciti personaggi di Giorgio Faletti, allora comico televisivo e non ancora affermato giallista e attore cinematografico.

Vito Catozzo, meridionale di Scuncellata a mare, raccontava dei suoi interventi “eroici” (Vaccelo a chiedere a Toto il guercio chi è Vito Catozzo. Ti dirà: Vito Catozzo chi? Ma con rispetto, mondo cano!) e parlava della propria famiglia in un italiano sgrammaticato:  dalla moglie Derelitta, alta 1 m e 40 e del peso di 140 kg, “praticamente un cubo”, al figlio gay Oronzo (che lui si ostinava a credere un impenitente dongiovanni contro ogni evidenza). Vito Catozzo era un fan sfegatato di Adriano Celentano, si dichiarava “macchio” (macho) e terminava ogni frase con il tormentone “porco il mondo che ci ho sotto i piedi”.

 

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