Il 4 giugno 1989, il massacro di Piazza Tienanmen a Pechino poneva fine alla speranza di un cambiamento politico in Cina. L'esercito soffocava nel sangue sette settimane di aspettative che i manifestanti - in gran parte studenti - ritenevano possibili: riforme chieste a gran voce ispirandosi al crollo dei regimi comunisti in Europa, che sarebbe culminato nella Caduta del Muro di Berlino nell'ottobre di quello stesso anno e nello scioglimento dell'Unione Sovietica.
I carri armati posero fine a tutto questo mostrando il volto duro del regime: secondo i dissidenti le vittime furono settemila, secondo le autorità "solo" trecento. La netta chiusura sul piano della democrazia e dei diritti umani lasciò delle ferite profonde nella comunità internazionale.
L'immagine simbolo di quella protesta resterà nei libri di storia: un ragazzo in camicia bianca e pantaloni neri, con due sacchetti della spesa, uno per mano, ferma i carri armati semplicemente ponendosi davanti e spostandosi ad ogni manovra dei mezzi. Il mondo intero pianse per quei ragazzi che aveva visto ballare a ritmo di rock sulla Piazza Tienanmen o pacificamente seduti nei sit-in, coloratissimi rispetto all'ingessata uniformità che la Cina aveva sempre mostrato, o ancora còlti dai fotografi nel segno di vittoria, come la leader Chai Ling. Chiedevano la modernizzazione e un minimo di democrazia: libertà di espressione, di riunione, di stampa, pulizia nell'apparato amministrativo e lotta alla corruzione.
Invece arrivarono i carri armati e le pallottole. Il grido di libertà si spense per alzarsi di nuovo nell'Est europeo.
(Pubblicato anche sull’altro mio blog “Il canto delle sirene”)
1 commento:
Un post satirico su quello che succede a Pechino
http://fratellisberleffi.blogspot.com/2009/06/il-vero-votlo-di-pechino.html
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