Il floppy disc da 5” 1/4 fu l’avanguardia per gran parte del decennio, fino alla sua sostituzione con il più pratico e maneggevole dischetto da 3” 1/2.
La sua prima versione apparve nel 1976, ma è negli Anni ‘80 che si sviluppò, fino all’ultima versione del 1986: la capacità dei primi era di 110 KB, nel 1980 divenne di 140 per raggiungere nel 1982 la capacità standard di 720 KB in QD e di 1,2 MB in HD. Non ci starebbe neanche un mp3 o un file jpg, oggi!
Il dischetto, generalmente nero, era flessibile e aveva un largo foro circolare al centro, dove si inseriva l’albero motore. I dati venivano letti dalle testine che toccavano il supporto magnetico attraverso due piccole aperture. Una tacca incisa sul lato destro consentiva di rendere il disco di sola lettura. Per l’operazione vi si incollava un’etichetta autoadesiva, di solito metallica.
Tra la plastica e il supporto c’era un sottile strato di tessuto che riduceva l’attrito e proteggeva, per quanto possibile, dall’ingresso della polvere. Il dischetto doveva essere formattato prima dell’uso con l’MS-DOS, ma venivano venduti esemplari anche già formattati.
Come per tutte le cose, i primi floppies da 5” 1/4 costavano uno sproposito, intorno alle 10.000 lire. Con il passare degli anni e il diffondersi, i loro prezzo calò vistosamente e a 10.000 lire veniva venduto il pacchetto da 10.
1987: l’Unione Sovietica si è avviata verso il cambiamento dopo gli anni bui di Breznev, Andropove Cernenko. Ora il presidente sovietico è Mikhail Gorbaciov, che ha avviato la perestrojka, l’apertura all’Occidente per porre fine a quarant’anni di Guerra Fredda.
The Midnight’s Moskow, un gruppo italianissimo, lancia questo pezzo dance, scritto da Maurizio Tirelli e Sapo: in un maccheronico anglo-russo analizza la storia sovietica e con dei sonori “Da” e “Niet” approva o disapprova i personaggi: si va da Stalin a Lenin, da Anna Karenina a Boris Pasternak, dallo Zar a Dostoevskij. L’accenno alla famosa “Back in the USSR” dei Beatles chiude la canzone.
Sul Lato B il celeberrimo “Tema di Lara” tratto dal “Dottor Zivago”, ma armonizzato con i cori russi in chiave blues!
TOVARISC GORBACIOV
Spasiba provdna gde na mona mnotta Tovarisc Gorbaciov. Ghivi spriednie zvoroninu dziov Giovanni Tiraboschi mieretno tsara purnova djugovnies na popcrova diestina proponia nov: Stalin – niet Siberia – niet Kalashnikov – niet Afghanistan – niet Lenin – da Breznev – daa Kostishensko – daaaa Stravinski - daaaaaaaaaaaaa Tovarisc Gorbaciov, Tovarisc Gorbaciov dasvidania ai no aim gonna druski to de dania Ahahahahah Tovarisc Gorbaciov. Do ze fank it ap Do ze fank it ap Do ze fank it ap Sputnik no vodka no prodkna na nan balalaika disi na protna na ci langhila botna na no kurietna Ana Karenina Potiomkin du du pratni nan broski da dobroski pritniet jot: KGB – niet Zar – niet Rasputin – niet Molotov – niet Dostoevskij – da Nureyev – daa Gagarin – daaaa Pasternak Boris - daaaaaaaaaaaaa Tovarisc Gorbaciov, Tovarisc Gorbaciov dasvidania ai no aim gonna druski to de dania Ahahahahah Tovarisc Gorbaciov. Tovarisc Gorbaciov, Tovarisc Gorbaciov dasvidania ai no aim gonna druski to de dania Ahahahahah Tovarisc Gorbaciov. Welcome to the USSR, welcome wherever you are Welcome to the USSR, welcome wherever you are Welcome to the USSR, welcome wherever you are
“Gente comune” (Ordinary people) è un film drammatico americano del 1980, vincitore di quattro Oscar, tra i quali quello ambitissimo come miglior film. Vinsero un Oscar il regista, un nome notissimo di Hollywood, Robert Redford, qui alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa, l’attore non protagonista, un giovanissimo Timothy Hutton, e lo sceneggiatore Alvin Sargent.
La storia, sceneggiata su un romanzo di Judith Guest del 1976, racconta la disgregazione di una famiglia della classe agiata a Lake Forest, in Illinois: Conrad, il figlio sedicenne dei Jarrett sopravvive a un tentativo di suicidio ed è emarginato dai genitori e dagli amici. Decide allora di consultare uno psichiatra, al quale racconta di come sia morto Buck, suo fratello maggiore, con il quale era in barca a vela durante l’incidente.
Non trova comprensione nella madre, distante e preoccupata solo delle apparenze, la quale nega il suo risentimento per il fatto che a salvarsi sia stato Conrad e non il prediletto Buck. Il padre, dal canto suo, non sa come parlare con Conrad né come esprimergli i propri sentimenti. Riuscirà però a salvare il ragazzo con il suo amore e a stabilire il contatto con lui a costo di una scelta dolorosa tra la moglie e il figlio.
Quella “gente comune” obbligata a fare i conti con le verità delle proprie vite interiori colpì molto la sensibilità americana, dove il film ebbe un successo enorme.
IL CAST
Donald Sutherland: Calvin Jarrett
Mary Tyler Moore: Beth Jarrett
Timothy Hutton: Conrad Jarrett
Judd Hirsch: Dr. Tyrone C. Berger
Elizabeth McGovern: Jeannine Pratt
M. Emmet Walsh: Coach Salan
Dinah Manoff: Karen Aldrich
Fredric Lehne: Lazenby
James B. Sikking: Ray Hanley
Scott Doebler: Jordan "Buck" Jarrett (in flashback)
Paul Young, cantante britannico di musica pop rock e soul, conquistò nel 1983 le classifiche della Hit Parade con il singolo “Love of the common people”, che divenne uno dei brani più ballati in discoteca. Stregata da quei capelli a spazzola e da quel sorriso da bravo ragazzo, corsi in edicola ad acquistare uno di quei settimanali per ragazzine in voga in quel periodo, contenente il poster; lo staccai con cura senza rovinarlo, appendendolo poi in bella mostra nella mia cameretta.
Invidiai mio fratello e i ragazzi più grandi di me, perché avrebbero potuto ballare il brano in discoteca, mentre io - ancora troppo giovane - dovetti accontentarmi di scimmiottare le coriste ancheggiando nel salotto di casa.
Paul (allora ventisettenne) si sforzava di dare un messaggio ben preciso ai giovani: vivere nell’amore delle persone comuni, più precisamente dei famigliari. Nella sua canzone viene messa in risalto sia la figura del capofamiglia, (dispensatore di sorrisi e di buone parole e orgoglioso dei suoi figli), sia quella della madre (che ama incondizionatamente e che consola).
Le lacrime della sorellina che piange perché non ha un vestito nuovo, la passeggiata a vuoto fino alla città per trovare un lavoro, il tetto da riparare, sono problemi ai quali si contrappone il calore della casa in cui si vive: “… essere l’orgoglio nel cuore di un uomo di famiglia (Il papà ti comprerà un sogno a cui aggrapparti/la mamma ti amerà quanto può, come può…)”.
A me invece – tredicenne - la presenza della famiglia iniziava a starmi stretta come un paio di scarpe dal numero più piccolo: avevo una voglia pazza di libertà .
Mi venne regalata mesi dopo una sua raccolta di brani in musicassetta: la ascoltai così tante volte che il nastro si stracciò. Poi la mia vita da adolescente fece il suo corso, l’anno successivo rimossi il poster dalla cameretta e nel farlo stracciai anche un pezzetto della carta da parati.
Nonostante siano trascorsi circa 27 anni dall’uscita del 45 giri, ritengo che il messaggio di Paul contenuto in questa canzone sia ancora molto attuale. Vista la situazione economico-sociale che stiamo vivendo in questi ultimi tempi, sarebbe utile che molti giovani riuscissero a vedere il proprio nucleo famigliare come un importante punto di riferimento e non come una palla al piede.
Ho rivisto Paul circa un anno fa su Rai Uno a “I migliori anni” con Carlo Conti.
Avevo paura che fosse diventato calvo : lo so che è ridicolo, ma era importante per me che avesse ancora tutti i capelli…
LOVE OF THE COMMON PEOPLE
Living on free food tickets Water in the milk from the hole in the roof Where the rain came through What can you do? hmm hmm Tears from little sister Crying 'cause she doesn't have a dress Without a patch for the party to go Oh but you know, she'll get by Chorus: She is living in the love of the common people Smiles from the heart of a family man Daddy's gonna buy her a dream to cling to Mamma's gonna love her just as much as she can, as she can It's a good thing you don't have bus fare It would fall through the hole in your pocket And you'd lose it in the snow on the ground A walkin' to town to find a job Trying to keep your hands warm But the hole in your shoe let the snow come through And the chills to the bone Oh,you better go home where it's warm Where you can live in the love of the common people Smiles from the heart of a family man Daddy's gonna buy you a dream to cling to Mamma's gonna love you just as much as she can,as she can Living on dreams ain't easy But the closer the knit,the tighter the fit And the chills stay away You take them in stride, family pride You know that faith is your foundation And with whole lotta love and a warm conversation And plenty of prayer Making you strong, where you belong Where you can live in the love of the common people Be the pride in the heart of a family man Daddy's gonna buy you a dream to cling to Mamma's gonna love her just as much as she can, as she can
L’AMORE DELLE PERSONE COMUNI
Vivendo di buoni-pasto Acqua nel latte dal buco nel soffitto Da cui entra la pioggia Che cosa puoi fare? Hmm hmm lacrime della sorellina che piange perché non ha un vestito nuovo senza una toppa per andare alla festa Oh, ma sai che le passerà Vive nell’amore delle persone comuni Sorrisi dal cuore di un uomo di casa Il papà le comprerà un sogno a cui aggrapparsi La mamma la amerà quanto può, come può E’ bene che tu non abbia il biglietto per l’autobus Cadrebbe dal buco nella tua tasca E lo perderesti nella neve per terra Una passeggiata fino alla città per trovare un lavoro Provando a riscaldarti le mani Ma il buco nelle tue scarpe lascia entrare la neve E i brividi fino alle ossa Oh, faresti meglio a andare a casa dove fa calduccio Dove puoi vivere nell’amore delle persone comuni Sorrisi dal cuore di un uomo di casa Il papà ti comprerà un sogno a cui aggrapparti La mamma ti amerà quanto può, come può Non è facile vivere di sogni Ma maggiori sono le difficoltà, migliore è il risultato* e i brividi stanno lontani adattandoti, orgoglio della famiglia sai che la fede è la tua base e con un bel po’ di amore, e di chiacchiere affettuose e tante preghiere che ti rendono forte, dove tu appartieni Dove puoi vivere nell’amore delle persone comuni Essere l’orgoglio nel cuore di un uomo di famiglia Il papà le comprerà un sogno a cui aggrapparsi La mamma la amerà quanto può, come può
Dal 1977 la Apple aveva venduto centinaia di migliaia di computer “Apple II”, un vero e proprio “cavallo di Troia” per la società di Cupertino sul mercato. Nel 1980 progettò il suo erede, l’Apple III, pensando di bissare il successo del precedente: lanciato nella primavera del 1981, aveva una CPU Synertek 6502A da 2.0 MHz, una RAM di 128 K estendibile a 512, un monitor a 16 colori 280 x 192, floppy interno da 5 1/4” e sistema operativo SOS (Sophisticated OS). Come optional, la stampante Silentype.
L’Apple III
Il successo non ci fu: l’Apple III, che era due volte più veloce dell’Apple II e con il doppio di memoria e che costava 3.495 dollari (3.815 con il monitor, 595 dollari per la stampante) vendette in quattro anni solo 65.000 pezzi. Lo chassis d’alluminio era troppo piccolo per tutti i componenti e si surriscaldava causando problemi ai chip. 14.000 esemplari furono ritirati e nell’autunno del 1981 uscì una versione riveduta, con 256 k di memoria e la possibilità di aggiungere un disco fisso esterno da 5 MB, il ProFile 5Meg. I problemi non furono del tutto risolti, tanto che nel dicembre 1983 uscì un’ulteriore versione, l’Apple III Plus, con un sistema operativo SOS 1.3 e altre porte periferiche. Anche tastiera e monitor vennero leggermente modificati.
L’Apple III Plus
Ma la macchina era nata male: il 24 aprile 1984 tutta la linea fu ritirata. L’Apple III Plus era rimasto sul mercato per soli quattro mesi! Probabilmente la più cocente debacle per il marchio di Steve Jobs, che ne ha tratto evidentemente lezioni salutari, visti i successi planetari di Mac, iPod e iPhone e il probabile diffondersi nel 2010 della tavoletta iPad in tutto il globo…
Nel lontano 1985 era ancora molto usata, ora è a tutti gli effetti un pezzo da museo.
Sto parlando della mitica Olivetti Lettera 35, macchina da scrivere dall’inconfondibile design, utilizzata negli uffici e dagli scrittori.
Me la ricordo molto bene perché la adoperavo nel biennio della scuola superiore. Era uno strumento di tortura. La materia era la dattilografia, lo scopo era quello di insegnarci ad usarla in scioltezza, senza guardare la tastiera. Per fare ciò eravamo obbligati a ricoprirla con un panno rettangolare, ai cui estremi era legato l’elastico delle mutande che girava attorno alla macchina.
Sotto il panno, le mani sudavano copiosamente (per lo meno le mie), i tasti venivano premuti vigorosamente da dita incerte.
Mi sembra ancora di sentire l’odore dell’inchiostro, il clangore dei tastini che arrivavano sul foglio in tre o quattro contemporaneamente, il nastro che spesso si aggrovigliava con effetti disastrosi.
L’ho odiata con tutta me stessa, i miei genitori me l’avevano regalata : dovevo esercitarmi per due ore al giorno, in quanto non ero riuscita a coordinare il pensiero con il movimento delle dita e i voti erano bassissimi.
All’Olivetti Lettera 35 èseguita la macchina da scrivere elettrica e poi la tastiera dei primi PC.
Anche adesso, a distanza di 25 anni, sono impacciata, guardo sempre la tastiera del personal computer, inverto le lettere, e ogni tanto ci infilo la tanto odiata ù situata vicino all’invio….
Insomma, l’attrezzo si è evoluto, ma le capacità della dattilografa purtroppo sono rimaste invariate…