Il 25 marzo 1986 usciva in tutta Italia "Don Giovanni", il 14° album di Lucio Battisti, il secondo dalla rottura con Mogol ed il primo con il paroliere Pasquale Panella. Seguiva il non esaltante "E già", del 1982, per il quale Battisti si era avvalso della collaborazione della moglie, autrice dei testi con lo pseudonimo di Velezia.
L'album, realizzato a Londra con il produttore Greg Welsh e musicisti locali, aveva visto il cantautore di Poggio Bustone in studio d'incisione da ottobre a febbraio. I fans, al primo ascolto, rimasero sbigottiti: i testi erano al limite dell'incomprensibile, persi in giochi di parole, in filastrocche e scioglilingua, in miscugli di frasi aforistiche e discorsi quotidiani, addirittura nell'elenco di nomi di "Equivoci amici"; una strada che porterà ai vaniloqui dei dischi successivi. Battisti sembrava dire: le parole non contano, sono solo un accessorio, quello che davvero importa è la musica. E la musica, quella sì che era battistiana: Don Giovanni era nettamente migliore del precedente "E già", alcuni critici lo bollarono addirittura come "capolavoro". E capolavoro forse poteva esserlo, se non fosse esistito il Battisti prima maniera, quello inarrivabile dei dischi con Mogol.
Comunque il successo di vendita fu notevole, ben al di là delle pessimistiche previsioni dei discografici: i fans erano sempre con Lucio, lo sarebbero stati anche se avesse cantato l'elenco del telefono...
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